Venerdì 27 Maggio si è concluso il percorso di restauro e restituzione al pubblico dei due monumenti più importanti di Ottavia con la riapertura del Ninfeo della Lucchina.
Spesso, sostando nell’area di servizio “Selva Candida” al Km. 8,500 del GRA, ci si è chiesti cosa ci fosse dietro quella porta metallica, addossata ad una piccola collinetta. A pochi sarebbe balzata in mente l’idea che dietro ci fosse nascosto un vero gioiello ereditato dal mondo antico.

Tuttavia, dietro una funzione di svago, si nasconde un origine completamente diversa. Infatti il Ninfeo nasce come luogo di sepoltura, a pianta quadrata e solamente a partire dal III secolo d. C., subisce una serie di interventi strutturali, in concomitanza con una fase di ampliamento della villa adiacente, oggi sotterrata, a cui viene accorpato.
Dell’antico aspetto ci è pervenuto poco, ma, attraverso l’analisi dei reperti emersi durante le fasi di scavo, possiamo cercare di vivere le sensazioni, i rumori, e le bellezze, che si potevano provare entrandovi.
Le vie di accesso erano due: la prima è quella attualmente fruibile, la quale fungeva forse da collegamento con un giardino esterno, con pavimento a mosaico in tessere bianche e nere con forme geometriche e pareti intonacate a finto marmo. La volta è decorata con foglie e grappoli d’uva, eroti ed uccelli. Entrando, a sinistra, troviamo la seconda via d’accesso, utilizzata forse come collegamento di servizio con la villa.
La copertura presenta una cupola, danneggiata da un crollo, ad imitazione di una grotta marina, dove vi erano incastonate addirittura delle conchiglie. Dalle pareti, disposte in modo tale da ottenere una pianta circolare, dovevano scendere delle cascate di acqua, grazie ad alcuni fori, mentre l’afflusso ed il deflusso dell’acqua era garantito da due cunicoli, posti alla base, collegati internamente fra loro. Si creavano così fantasiosi giochi d’acqua, accompagnati da un apparato decorativo composto da statue in marmo, posizionate in nicchie parietali o su basamenti, scoperte in frammenti, insieme a piccoli pinaches a mosaici colorati, con pesci ed una testa di divinità femminile elmata.
In basso troviamo un bellissimo mosaico pavimentale a tessere bianche e nere, con tralci e grappoli d’uva nascenti da quattro cesti angolari, motivo che si ispira probabilmente alle attività agricole locali incentrate nello sfruttamento di vigneti. Al centro del pavimento e stato individuato un ultimo intervento, di cui non sappiamo ancora con certezza la funzione, risalente forse alle fasi finali di vita, caratterizzato da uno strato di preparazione con malta e frammenti di ceramica e lacerti di marmo, recuperati forse dalle decorazioni marmoree delle ville circostanti, oramai abbandonate. Dopo il IV secolo d. C. non si hanno più tracce di continuità d’uso della struttura, un destino legato alle vicende che portarono all’abbandono dell’intero complesso residenziale.
Un piccolo ma incantevole angolo di paradiso cercato e voluto dai nostri antenati, in fuga dalla vita caotica della città, nel quale rinfrescarsi, riposare e godere della natura, dei vigneti e del canto degli uccelli, i quali sono impressi sulle pareti e sul pavimento del Ninfeo, ad allietare ancora i nostri occhi e quelli delle generazioni future.
Andrea Ricchioni