Una Retrospettiva. Cesare Tacchi e la Roma degli anni ’60

Cesare Tacchi mostra
Cesare Tacchi mostra

Più di cento sono le opere di Cesare Tacchi esposte al Palazzo delle Esposizioni.

Inaugurata il 7 Febbraio, la mostra racconta il percorso dell’artista a cui Roma gli rende omaggio. Un artista a tutto tondo che aveva come unico obiettivo la necessità di mettersi in comunicazione con gli altri.

E come lo fa? Vi chiederete voi..

Ebbene, Tacchi sperimenta eterogeneamente moltissime tecniche e diversi materiali.

Ma non spaventiamoci da questa moltitudine di indagini creative. Il Palazzo delle Esposizioni, infatti, ordina cronologicamente, le sue opere in sette sale. Ciascuna sala affronta un aspetto diverso dell’artista. A rendere ancora più agevole allo spettatore il percorso creativo del Tacchi, vi è il muro biografico. La prima stanza infatti è colma di fotografie e racconti che hanno contraddistinto la sua vita. Siamo nella Roma periferica, precisamente a Cinecittà. Qui, oltre al Tacchi abitavano, Renato Mambor, Mario Schifano, Sergio Lombardo. Questo gruppo familiarizza nella sezione comunista di Cinecittà che organizza la loro prima mostra nel ’57.

Il primo quadro esposto al Palazzo delle Esposizioni risale al ’59 quando l’artista ha appena diciannove anni.

Di grande sapienza compositiva, è un’opera sorprendente, dove è evidente la sua ispirazione a Burri e a Klein. Accanto troviamo due opere. Qui il Tacchi è già dentro una situazione da giovane artista romano. Guardando queste due opere del ’62 vediamo gli interrogativi che egli si pone. Il quadro da cavalletto non funziona più. L’informale è qualcosa da cui distaccarsi. Legni e metalli vengono assemblati, quindi la parete inizia ad abitarsi di altre “presenze”. E, ciliegina sulla torta, l’artista inserisce in entrambi i quadri un applique  con una luce dietro.

Perchè?

Cesare Tacchi con questo gesto vuole dimostrare che l’opera non deve essere una rappresentazione astratta di qualcosa.

O meglio.

Nell’artista c’è quell’idea aulica dell’arte molto aggiornata. Un artista molto intenso formalmente e poeticamente ma con uno sguardo sempre rivolto al quotidiano, a ciò che è verificabile con mano. Ed ecco qui la scelta dell’applique.

Tacchi in questi anni di strada ne ha fatta. Nel ’63 espone alla Salita, mitica galleria romana, dove l’avanguardia è di casa. Inizia sempre di più a creare una mediazione tra realtà e immagine dovuta ad un punto di partenza: la fotografia.

Tutte le immagini a cui si ispira sono fotografie.

Come “La circolare rossa” opera del ’73 dove vi è un evidente idea massificata dell’essere umano. L’ attenzione al dettaglio si concentra sul tipico gesto di chi si appoggia sul bus, e nuovamente torna l’idea del quotidiano. L’opera successiva è Tacchi davanti alla statua di Vittorio Emanuele II dell’Altare della Patria. Uno smalto su carta su cui l’artista si dipinge con i colori del servizio pubblico.

Una dichiarazione di poetica la sua.

Un uomo al servizio dell’arte.

Finalmente arriviamo nella sala dedicata alle opere forse più celebri di Cesare Tacchi: gli “imbottiti”. Siamo a metà degli anni ’60 quando l’aspetto artigianale nell’arte è molto forte. Questi sono lavori prossimi alla tappezzeria.

Ma come sono fatti?

L’artista proietta l’immagine fotografica sulla tela, ne segue i contorni ,la dipinge, e la fissa su una tavola di legno. Successivamente ne fissa alcuni punti e inserisce il kapock, una fibra naturale usata in tappezzeria.

Ma nulla è a caso.

Il kapok infatti non viene inserito in modo omogeneo ma da risalto ai volumi che l’immagine dipinta suggerisce. Per capirlo bene, il Palazzo delle Esposizioni mette a confronto le due poltrone dove in una vi è un invito a sederci. Vediamo in queste opere come le imbottiture sono infilate solo nei rilievi che effettivamente le poltrona ha nello schienale. I chiodi anche diventano parte dell’opera donando un effetto capitonnè. Una delle opere più significative è una rivisitazione del “La primavera” di Botticelli, in una chiave…”imbottita”.

E’ proprio così.

Tacchi ci colpisce nuovamente andando a scomodare un’opera del quattrocento e rendendola ultra contemporanea. Inserisce inoltre due innesti che non troviamo nel quadro originario. Due donne, una delle quali ha una mano maschile tra i capelli.

Ma quale era il clima in cui operava l’artista romano?

Gli anni sessanta sono per Roma il boom economico, una società all’insegna della frenesia e del caos. Tacchi risponde a questa frenesia  accomodandosi con i suoi amici in poltrona. Una parete infatti è dedicata a delle opere imbottite che raffigurano lui o dei suoi compagni dell’epoca intenti a chiacchierare nei salotti romani. Prediligendo così un aspetto più sociale e più psicologico della società di quel periodo storico.

Le sale successive sono il culmine del lavoro tacchiano.

Due sedie, tre porte, dei reperti archeologici che riempiono la stanza e una cornice. “La Cornice” è la vera risposta alla sua ricerca di comunicazione con il pubblico. La cornice, dorata e molto grande, diventa la cornice di noi stessi. Chiunque volesse fare un selfie o una foto con il suo innamorato può mettersi dietro l’opera del Tacchi. L’evoluzione di queste opere, che sembrano uscire dalla parete e che entrano in contatto diretto con lo spettatore, l’abbiamo con il quadro elastico. Un quadro enorme ricoperto da un telo elastico non appoggiato alla parete. Accanto ci sono degli oggetti che noi possiamo usare per premerli sul telo e con la luce dietro crea un effetto chimerico.

L’opera abita gradualmente lo spazio che abitiamo tutti noi. Questa teoria porterà alla formulazione del quadro oggetto. Dunque, la realtà non è più oggettiva ma mediata dai condizionamenti esterni: società, emotività, bombardamento pubblicitario. Questo concetto per noi è assodato ma viene a formarsi proprio nei primi anni sessanta.

L’esposizione curata da Daniela Lancioni e Ilaria Bernardi vuole essere un omaggio alla vita e alla carriera di Cesare Tacchi.

Un’artista che ha dedicato la sua vita ad un continua ricerca di cambiamento di prospettiva delle cose.

Alessandra Forastieri

Storica dell'arte e curatrice artistica, amante soprattutto dell'arte contemporanea. Curiosa e appassionata di letteratura classica, danza, teatro e musica.

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