Sono passati trent’anni dalla scomparsa prematura di Andrea Pazienza.
Fumettista italiano di spicco, “capostipite di una scuola che non ha avuto nessun allievo prediletto perché Pazienza era inimitabile, un talento irripetibile”. Le parole di Roberto Benigni entrano a gamba tesa nelle nostre coscienze e a dimostrarlo è la nuova esperienza progettuale del MATTATOIO (ex Macro Testaccio), che presenta la follia, la genialità e la disperazione del ’77 bolognese filtrata dagli occhi dell’artista. All’interno dell’ARF, “Festival di storie, segni e disegni”, dopo Hugo Pratt e Milo Manara dal 25 Maggio, in esclusiva nazionale, viene presentata questa grande mostra antologica dell’iconico talento del fumetto.
Pazienza, classe ’56, mentre frequenta il Dams all’Università di Bologna, dà vita alla sua prima storia a fumetti “ Le straordinarie avventure di Penthotal”; da qui inizierà il suo percorso artistico. Collabora con le più importanti riviste del fumetto italiane, tra cui Linus, e partecipa alla creazione di Frizzer, mensile affiancato a Frigidaire. Ma non è tutto. Pazienza interviene sul manifesto del “La città delle donne” di Fellini, con un unico grande disegno a colori.
“Pazienza trent’anni senza” è il titolo della mostra al Mattatoio, patrocinata da Palaexpo, che ripercorre i 10 anni di carriera dell’artista.
Ad accoglierci una sua grande foto, in bianco e nero, e accanto i primi fumetti che iniziano a spuntare. Il percorso delle varie sale, ci fa intendere come Andrea, sperimentasse, con estrema facilità, moltissimi registri stilistici, ciò lo rende molto attuale. La sua forza e la sua vera rivoluzione stanno nel raccontare la vita sotto forma di fumetto; la vita di tutti i giorni, la Bologna di fine anni settanta in Penthotal, la sua storia più dolorosa in Pompeo e trova in Zanardi un personaggio di fantasia. L’esposizione è composta da 120 lavori, molti inediti, tra disegni, schizzi, prove e una tela.
Una tela?
Avete capito bene!
Tra le rarità, due opere inedite presentate in anteprima assoluta: una pala in 8 tele di Zanardi a cavallo, che era da considerarsi perduta, e il ritratto che Andrea disegnò alla morte dell’amico Stefano Tamburini.
Insomma una mostra che punta ai giovani, ad un’intera nuova generazione di lettori che l’ha conosciuto poco. Un inno a colui che, forse, più di tutti detiene il primato di genio e sregolatezza ma “…che era capace di essere anche una persona normale. Viva Andrea! ” Michele Pazienza (fratello di Andrea)