La commedia inglese a ridosso di una chiesa romana

Il Teatro San Genesio mostra il proprio tocco anglofono mettendo in scena You never can tell in un clima di pacata piacevolezza.

Dal 19 al 24 aprile 2016 è andato in scena al Teatro San Genesio di Roma You never can tell, una commedia del 1897 di George Bernard Shaw, regia di Michael Fitzpatrick, con Anna Butterworth, Rishad Noorani, Antonella Micone, Edoardo Camponeschi, Helen Raiswell, Fabiana De Rose, Grant Thompson, Jim McManus, Michael Fitzpatrick e Jim Schiebler.
teatro San Genesio
You never can tell, ossia tradotto: Non si può mai dire.
Abbiamo avuto la possibilità di assistere al tardo pomeriggio del 23. Lo spettacolo è interamente rappresentato in inglese, in versione quantomeno integrale, e mostra al pubblico una squisita trama ambientata a cavallo tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo. I Clandon, una famiglia progressista, si recano in una località di mare, prendendo di nuovo contatto con la società londinese. Centro del nucleo familiare è la madre, Mrs. Clandon, una donna indipendente e coraggiosa, che si è allontanata dal pessimo marito, portando con sé i figli e tutelandone così la felicità. Il suo personaggio racchiude i valori del secolo incombente: un femminismo nascente si mischia a concezioni dell’educazione e dell’amore moderni, condite da un senso di responsabilità e libertà personali spiccatamente eleganti. L’incontro con uno squattrinato dentista del luogo, il Dr. Valentine, porterà alla luce personaggi del passato e, con essi, le crepe di impensabili errori di giudizio commessi nel tempo. Gli ideali progressisti della famiglia Clandon, etichettati come il mantra del ventesimo secolo, dovranno tenere fede alla propria novità, per portare armonia fra gli intrighi amorosi e coniugali intrecciati in riva al mare. 
teatro San Genesio
Partendo da sinistra, Helen Raiswell, Fabiana De Rose e Rishad Noorani.
La durata dello spettacolo non è affatto indifferente, attestandosi intorno ad oltre le due ore; una densità che può mettere a dura prova una compagnia non professionista. Nonostante i difetti, gli attori sono comunque in grado di far sfoggio di una memoria di ferro, a cui viene incontro una voce che rifiuta l’uso dei microfoni; una politica che viene a mancare nei teatri più importanti e ritroviamo con gusto nei più piccoli. La chiarezza vocale non raggiunge sempre un buon punto di incontro con l’espressività, con la quale viene a patti, come se lo sforzo di concentrazione sulla prima smorzasse la libertà della seconda. Riesce a compensare il linguaggio del corpo, che sa supportare il dialogo. Ne deriva tuttavia una percepibile carenza di ritmo, che, pur non costante, dilata il tempo. Le ben ammobiliate ambientazioni primi novecento riescono in parte a coprire il difetto, mentre il comparto luci non si preoccupa affatto di valorizzare il palco e si pone come un punto non sfruttato. Detto questo, dallo spettacolo emerge comunque un impegno visibile e appassionato nella resa dei singoli caratteri. L’intera regia costruisce uno spettacolo classico, che fa sfoggio di gustosi costumi e rappresenta una storia dalla messa in scena cristallina. Non si può non rimanere incantati da Helen Raiswell, nei panni di Mrs Clandon, la madre: il suo accento è musicale e il suo personaggio traspare da un controllo posato del gesto e della postura, contrapposto alla forza espressiva del volto e dello sguardo. A conquistare il pubblico è soprattutto Rishad Noorani nelle vesti del Dr. Valentine, per la sua recitazione naturale, divertita e particolarmente empatica col pubblico. Una menzione ulteriore va rivolta anche a Michael Fitzpatrick, come maggiordomo dalla personalità peculiare, arricchita da una buona dose di dettagli.
teatro San Genesio
Partendo da sinistra, Helen Raiswell, Anna Butterworth e Fabiana De Rose.
Si è assaporato per l’intera serata l’atmosfera inaspettata ed affascinante di un’intera platea inglese, calata nel teatro di una chiesa a poche strade dal Lungotevere. Piace considerarlo il simbolo di quell’interconnessione fra le due nazioni, spesso troppo superficialmente indagata, che da Keats arriva ai giorni nostri, tra una Londra affollata da italiani ed una Roma attraversata da inglesi.
Gabriele Di Donfrancesco
Gabriele Di Donfrancesco
Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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