Il monologo “Doll is mine” ci porta in un’atmosfera elegante e angosciosa

Il 22 agosto scorso per la rassegna culturale Art City 2018 Roma a Palazzo Venezia è andato in scena il monologo “Doll is mine”.

Per Art City 2018 Roma la rappresentazione di “Doll is mine” avrebbe dovuto svolgersi nel Giardino Ritrovato di Palazzo Venezia, dove il palco era già pronto. Un diluvio ci ha illusi solo per pochi minuti che si potesse assistere allo spettacolo all’aperto.

La passione per l’arte dell’attrice, della musicista e del regista e la disponibilità dei responsabili di Palazzo Venezia hanno impedito che lo spettacolo venisse annullato. Così ci siamo spostati in uno dei bellissimi saloni del palazzo romano.

Il cambio ha dato, comunque, la possibilità di apprezzare pienamente la regia elegante di Arturo Armone Caruso, ma solo in partela scenografia di Lisa Armone Caruso, che non è stato possibile spostare completamente.

Nel complesso lo spettacolo non ha perso il suo fascino.

Il testo di “Doll is mine”, scritto da Katia Ippaso, inizialmente per Cinzia Villari, è liberamente ispirato a “La casa delle belle addormentate” di Yasunari Kawabata e a “Sonno profondo” di Banana Yoshimoto.

“Doll is mine” tratta di una ragazza, Shiori, che vive e lavora in una “casa del sonno” a Tokyo. È un luogo in cui giovani ragazze entrano in contatto con sconosciuti procurando loro diletto facendo ricorso al sonno.

Art city 2018 Roma

Nel ruolo di Shiori ora c’è l’attrice giapponese Azuchi, che ha imparato l’italiano appositamente per interpretare questo monologo. Peccato che l’acustica del salone non fosse ottima e la voce di Azuchi non si riuscisse a sentire sempre bene. Ciò ha reso difficile seguire il monologo e, quindi, entrare emotivamente nel racconto, che a tratti è sembrato monocorde.

Bellissimi sono stati gli intermezzi musicali, grazia alla voce e al violino di Mariafausta; trasmettevano, per lo più, dolcezza, ma anche forza.

È tutto elegante in “Doll is mine”: l’interpretazione di Azuchi, i movimenti suoi e di Mariafausta, i suoni delle parole e delle musiche. Quando Azuchi balla, sprigiona energia e vitalità.

Nel Palazzo delle belle addormentate, dove lavora Shiori,  passano strani clienti: chi vuole suicidarsi; chi vuole fare sesso con lei mentre il suo amico li guarda; chi le usa violenza; chi vuole drogarsi insieme a lei. Ma lei non è una prostituta. Non può dormire, spogliarsi, essere toccata o uscire fuori da sé. Nemmeno quando nella casa del sonno passa anche un uomo di cui Shiori riesce ad innamorarsi.

La protagonista fa, insomma, il pieno di conoscenza dell’umanità. Ma sprofonda nelle sue e nelle altrui angosce e non riesce più ad avere una vita che sia sua, aderente alla realtà del mondo esterno al “Palazzo delle belle addormentate”.

Doll is mine” è un breve viaggio in una dimensione, che all’inizio sembra esotica e sconosciuta. Poi si rivela, invece, qualcosa di universale, valido in ogni epoca e latitudine.

Shiori, infatti, dice: “vivo tra la veglia e il sonno. Il sonno è come una marea”. L’autrice, Katia Ippaso, in un’intervista si è dichiarata da sempre “molto attenta e interessata ai fenomeni di intermittenza sonno-veglia”. Lei parla della “tragedia della notte” come di qualcosa che viviamo tutti. Non solo i Giapponesi avrebbe bisogno di un luogo dove riuscire ad addormentarsi sotto lo sguardo amorevole e attendo di qualcuno che vegli mentre ci si lascia andare.

Lo sanno bene gli insonni, che non riescono ad abbandonarsi a quella fase così intima della vita, in cui siamo senza difese perché senza coscienza, da soli con il nostro inconscio.

Stefania Fiducia

Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

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