La scorsa settimana, probabilmente, grazie a quella scena iniziale, abbiamo avuto un episodio immediatamente amatissimo dai fans. Eppure, paradossalmente, è questa settimana che accadono più cose, a livello soprattutto emotivo.
I due episodi sono comunque gemelli, quantomeno nella struttura. Se la scorsa settimana si sfruttava un flashforward per tornare poi indietro e vedere come sarebbe iniziato quel percorso distrutto dagli eventi di Breaking Bad, stavolta invece si parte con un flashback che ci rammenta la dipendenza di Jimmy dalle opinioni altrui.
Jimmy/Saul è intelligente, carismatico, arguto, capace di mille risorse. Ma, più di ogni cosa, è una persona debole che si fa influenzare sempre da chi ha intorno. E per realizzare ciò che vuole, sa anche abbandonare ogni scrupolo.
Se nel passato, come visto, è sempre stata l’ombra di Chuck e l’amore per Kim a muoverlo, adesso è prima di tutto la necessità di ottenere rispetto. Come se Jimmy fosse imprigionato in una sorta di bizzarro Canto di Natale, ogni personaggio che incontra lo stimola a fare qualcosa di negativo per la sua stessa condotta.
Chuck è ovviamente il fantasma del passato, colui che ha portato Jimmy su binari rovinati da false premesse e speranze. Kim è il fantasma del presente, la costante che c’è sempre, la cui spinta propulsiva è talmente forte e soprattutto giusta che nemmeno Jimmy riesce a starle dietro. Infine, Howard è il fantasma del futuro, gli avanzi di un ex uomo di successo che serve da monito a Jimmy sul cosa non diventare.
Jimmy desidera, anzi esige la legittimazione, il rispetto perché da un lato Kim fa cose giuste e migliori di lui, pertanto lo sorpassa, e dall’altro lato non può permettersi di diventare un fallimento come Howard. La via criminale è l’unica che gli permette di ottenere ciò che vuole nel minore, e più diretto, modo possibile.
Le scene finali di questo episodi, e quello della scorsa settimana, sommate ci danno gli ingredienti per la ricetta che crea Saul Goodman. Jimmy ancora li deve amalgamare bene, ma ormai li ha trovati tutti.
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Emanuele D’Aniello