Grande successo alla prima di Norma di Vincenzo Bellini alla Royal Opera House Covent Garden di Londra con la direzione di Antonio Pappano.
Era un evento e come tale non si poteva perdere. La distanza tra Roma e Londra è stata colmata da un’iniziativa lodevole, che ormai molte istituzioni seguono: trasmettere i propri spettacoli su alcuni circuiti cinematografici. Ed ecco che, seduto sulla mia comoda poltroncina di velluto rosso, circondato da due barattoli di coca-cola e da uno gigante di pop-corn, mi sono goduto la Norma di Vincenzo Bellini, titolo che apre la Stagione Lirica 2016/2017 della Royal Opera House Covent Garden di Londra.
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© 2016 ROH Bill Cooper |
La parola Norma mette paura alle cantanti solo a sentirla nominare: infatti la protagonista prevista, Anna Netrebko, il soprano del momento, non ha voluto cantarla perché non si sentiva adatta. Eh già, anche perché su quest’opera gira un fantasma tremendo, quello di Maria Callas, che ha fatto di Norma un personaggio irraggiungibile. Ma è proprio il personaggio stesso ad essere complesso: essa è una sacerdotessa druidica, capo di un popolo, i Galli, che mira a sconfiggere i Romani, ma lei è innamorata del proconsole nemico Pollione, dal quale ha avuto due figli che tiene segreti. Quando scopre che Pollione ora ama Adalgisa, una sua giovane novizia, gli animi si accendono. Adalgisa rifiuta quell’amore per il rispetto e l’amicizia che porta verso Norma (era all’oscuro di tutto) ma quando deve essere reso pubblico il nome di colui o colei che ha tradito, Norma dice il suo, conscia che il peccato di Adalgisa è il suo stesso, e si fa bruciare viva. Pollione, redentosi e sentendosi in colpa, decide di morire con lei.
Il personaggio presenta mille sfaccettature: capo di un popolo, madre, figlia, donna innamorata e poi furente. Il successo è stato trionfale, soprattutto per quella che io ho chiamato la coppia Sonya & Sonia; mi riferisco al soprano Sonya Yoncheva nel ruolo di Norma ed al mezzosoprano Sonia Ganassi nel ruolo di Adalgisa.
La Yoncheva ha dimostrato di essere una fuoriclasse, con una voce bellissima ed ha messo in luce perfettamente la conflittuatità del carattere di Norma. La Ganassi, con una voce sicuramente meno bella della compagnia probabilmente anche gravata dal peso degli anni di carriera (debuttò nel 1992 con Il Barbiere di Siviglia a Roma con la regia di Carlo Verdone), aveva ancora più grinta della protagonista ed ha tirato fuori le unghie, ammaliando il pubblico con la sua interpretazione. Entrambe però sono state aiutate dalla sfavillante e meravigliosa direzione di Sir Antonio Pappano, direttore stabile del Covent Garden e dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; tesa, drammatica ma anche commovente. Per essere onesti, un neo della direzione è stato la presenza di qualche taglio che mi ha un poco infastidito
Purtroppo il comparto maschile non è stato all’altezza; il tenore Joseph Calleja si è proposto in un Pollione tutto cantato forte, con calate d’intonazione e falsetti, mentre il basso Brindley Sherratt, che interpretava Oroveso, il padre di Norma, aveva una voce grezza ed una dizione molto scadente.
Buoni il tenore David Junghoon Kim nel ruolo di Flavio, amico di Pollione, ed il soprano Vlada Borovko nel ruolo dell’ancella di Norma Clotilde, seppur vestita come la Signorina Rottenmeier.
E qui veniamo alla regia; appena lessi che il regista era lo spagnolo Àlex Ollé, componente de La Fura dels Baus, compagnia catalana che presenta spettacoli estremamente sofisticai, mi spaventai non poco, memore di una sua Madama Butterfly dell’anno scorso alle Terme di Caracalla che mi lasciò a dir poco perplesso (ad essere onesti, era proprio brutta). Qui il lavoro è stato molto interessante. L’azione è stata spostata in Spagna, un territorio dove l’impronta della religione cattolica è fortissima. Il peso del proprio dovere schiaccia Norma. La scenografia era formata da tutti crocifissi appesi, incombenti come delle ghigliottine. Norma e Adalgisa vestivano il clergyman, a voler simboleggiare l’oppressione maschilista del governo di Francisco Franco, il celebre dittatore spagnolo che rimase al potere dal 1939 al 1975. Era molto interessante. Non tutto era riuscito (i bambini che correvano in bicicletta all’inizio del II atto, quando Norma pensa di ucciderli per non farli macchiare del disonore di diventare schiavi dei Romani, erano parte di una scena infelice e non mi è piaciuto il fatto che sia Oroveso ad uccidere Norma; si capiva che voleva sottolineare il dominio maschile, ma ha tolto tragicità alla scena), mentre è stata di grande effetto la grande croce infuocata che è spuntata nel finale, che rappresentava la pira sulla quale avrebbero dovuto ardere Norma e Pollione.
Grande successo per tutti, ma con punte d’eccellenza per le due donne e per il tenore (a mio avviso, per quest’ultimo, si tratto di un successo immeritato).
Marco Rossi