Jonathan Cott conobbe Susan agli inizi degli anni Settanta quando insegnava alla Columbia University.
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Il Saggiatore |
Cott, studente, collaborava con il quotidiano dell’università, il Columbia Spectator dove lei pubblicò un saggio che sarebbe poi stato incluso in Contro l’interpretazione.
“Dopo averlo letto, un pomeriggio trovai il coraggio di andare nel suo ufficio per dirle quanto l’avevo ammirato” dichiara Jonathan.
Da allora la stima nei confronti di Susan cresce sempre di più: gli anni passano, lui si trasferisce a Londra per diventare il primo corrispondente europeo di Rolling Stone. Tra il 1974 e il 1977 Susan si era sottoposta a chemioterapia per un tumore al seno ed è proprio di quegli anni il suo libro Malattia come metafora, in cui parla del suo percorso fisico e spirituale.
Così a Jonathan nasce l’idea di farle l’intervista da sempre sospirata: “un gelido pomeriggio di novembre, arrivai nello spazioso attico affacciato sul fiume Hudson, all’angolo tra Riverside Drive e la 106 Strada, in cui Susan viveva circondata dagli ottomila libri della sua biblioteca […]. E in quel luogo sacro ci sedemmo a parlare fino a sera”. Da questa chiacchierata esce una lunga intervista appassionata e vivace, di cui un terzo è stato pubblicato su Rolling Stone nel 1978, mentre la versione integrale è diventata questo libro: Odio sentirmi una vittima. Intervista su amore, dolore e scrittura con Jonathan Cott, edito da Il Saggiatore.
Susan Sontag, saggista, romanziera, drammaturga, cineasta e attivista politica, nata nel 1933 e morta nel 2004, dichiarava che due cose la facevano sentire forte: essere innamorata e lavorare.
In questo lungo incontro si toccano con mano i pensieri più bui ma anche più vivi della sua malattia: panico acutissimo, quasi animale, ma anche momenti di euforia in cui si valuta la possibilità di poter smettere di esistere. L’affronta con forza e la supera. In Odio sentirmi una vittima si assume le sue responsabilità, come in amore, e preferisce dire, “ecco ho scelto di innamorarmi di una persona che si è rivelata una carogna. La scelta è stata mia e non mi piace dare la colpa agli altri, anche perché è molto più facile cambiare se stessi che cambiare gli altri”.
Si tratta di un libro intenso, ricco di citazioni di autori (Kafka, Joyce, letture per bambini, Mann e George Eliot) di riferimenti letterari, di metafore:
“Non riesco ad immaginare una riflessione in cui non siano implicite delle metafore […] come accade in Finnegans Wake di Joyce –Il fiume scorreva sotto le arcate del ponte come le dita di un guanto- quando mi imbatto in una metafora del genere sento di essere stata afferrata per la gola”
Il testo non è mai triste o scontato, si passeggia nella vita di Susan e dei suoi molteplici interessi, oltre alla scrittura, come la fotografia, la sessualità e la musica, e si resta vittime di una crescente voglia di leggere ancora e ancora Sontag.
Sara Cacciarini