Ne Le Tremila Figlie di Oceano potete assaggiare un cuore femminile fiero, sprezzante, incredibilmente acuto, deliziosamente cavilloso.
La penna di Silvia Ripà delinea la fragilità umana di fronte alla passione, una passione che pochi esseri sanno vivere liberamente.
In media tutta la popolazione di questo pianeta è aggiogata dai luoghi comuni e dagli schemi imposti dalla società. Tale tendenza non va affatto di pari passo con Eros, il più sfrenato di tutti gli déi. Ma vallo a raccontare a uomini e donne che vivono di pregiudizi e girano per strada anonimi, con le etichette strette sotto al braccio. Per dormire tranquilli.
Questo breve racconto è un diario psichico che ripercorre la storia di due anime che si desiderano e cozzano brutalmente. Il protagonista maschile ricalca perfettamente la rigidità mentale che domina l’80% degli esseri umani: non lascerà la sua compagna di vita se non per una storia sicura con “L’altra”. Quest’ultima, d’altro canto, disputa la sua ipotetica “mediocrità” con lucidità, mettendo in luce moltissime questioni di genere legate ai comportamenti ritenuti opportuni, alle tradizioni e alle abitudini.
Attraverso una scrittura pulita ed essenziale il flusso di coscienza non risulta mai asfissiante. È uno sguardo dalle feritoie del cuore, un assaggio di schiettezza in un mondo di favole velenose, che ci consumano da dentro.
L’insicurezza, l’ardore, la rabbia, il desiderio, la frustrazione, l’ossessione sono solo alcuni dei sentimenti che invadono queste pagine ricchissime di riferimenti classici: chi sono le tremila figlie di Oceano se non le numerose anime di una donna? Quanti volti si celano in ognuno di noi… ma alcuni scelgono di viverne uno solo. Per convenzione o forse per vigliaccheria. La protagonista se ne fotte di fare la principessa trasognata e incarna – in sole 100 pagine – tremila anime, tranne una. Quella della vittima. Almeno finché non subentra il lato patologico che la spinge a vivere questa situazione scomoda – con una persona tanto idealizzata quanto omologata – in modo esasperato.
Sviscerando un desiderio sincero emergono grandi consapevolezze. Non sarò una sposa, una madre o una puttana, sarò semplicemente me stessa.
Un pensiero che tutte le donne dovrebbero fare almeno una volta nella vita. Ma quanto fegato ci vuole a uscire dagli schemi? Non è forse più facile autocommiserarsi come fa il personaggio maschile, costantemente alla ricerca di sicurezza nell’altra prima di poter lasciare la propria compagna? Si potrebbe dire che le scelte audaci e difficili non sono fatte per gli uomini e questo libro potrebbe esserne la dimostrazione. In realtà, però, considerato il finale, forse le scelte audaci non sono fatte nemmeno per le donne e tutte le parole sulla libertà sviscerate in questo diario alla fine si barricano ancora una volta nella torre di un orgoglio roboante. E chi ci rimetterà davvero, alla fine, sarà solo la protagonista.
Alessia Pizzi