Violetta Carpino e il suo inno alla frangibilità (non solo femminile)

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Nella IV edizione di LA MENTE ARTISTICA – GIOVANI DONNE ARTISTE A CONFRONTO, tenutasi dal 22 al 26 marzo presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale di Roma, protagoniste assolute sono le donne, 120 per l’esattezza, provenienti da tutto il mondo.

 
ITALIA: VIOLETTA CARPINO – ESSERI FRANGIBILI
 
L’avevamo lasciata con “Ascolto fetale“, opera di street art realizzata in occasione di Caleidoscopio, presso l’ex Manicomio Santa Maria della Pietà di Roma, e la ritroviamo con “Esseri frangibili“, una pittura a olio su specchio, dove della superficie riflettente, però, resta visibile solo una minima parte.
L’opera è facilmente identificabile come un autoritratto: l’artista femminile, nel raccontare le donne, prende se stessa come modello e rappresenta una figura forte, aggressiva, dove spiccano gli occhiali da sole, quell’unico dettaglio che rivela lo specchio sottostante. L’osservatore, infatti, può guardare i propri occhi nello sguardo nascosto della donna ritratta, su un supporto volutamente celato ed estremamente fragile. Cosa vuole dire dunque, essere frangibili? Sotto quella pittura dai colori arroganti, quell’atteggiamento di ostentata durezza, la donna cela un animo di vetro, che non vuole manifestare – sia chiaro – freddezza, bensì delicatezza.

Esseri Frangibili sconcerta per la potenza simbolica che esercita nel mostrare la precarietà, dimostrando che questo non significa il vano bagliore di un fuoco fatuo, ma al contrario il divampare dell’esistenza nel qui ed ora.
[Mario Davide Roffi, studente di medicina e organizzatore del Cineforum Linee di Confine]

In un mondo dove finalmente la donna può esprimere se stessa senza essere giudicata, rivelando anche i tratti più selvaggi, spesso ci si dimentica della sua interiorità. Ecco che impera la forza di un selfie, la bellezza ostentata e modificata, l’apparente perfezione. Dietro questa fallace esteriorità, l’artista mette in evidenza la spiritualità muliebre, che da singolare diventa universale, da femminile diventa asessuata, andando a rispecchiare l’atteggiamento della società in toto.

Siamo esseri frangibili, è vero. Ma non deboli. E anche se lo fossimo, perché dimenticare, occultare, se non sopprimere, la nostra natura? Perché essere altro da noi nel frustrante ed irrealizzabile tentativo di simulare modelli falsi e omologati? Il processo di disumanizzazione può davvero alleggerire l’animo umano? E perché dimenticare la propria mortalità, immaginando di aver intrapreso la via per l’onnipotenza?
[Serena Di Giovanni, Critica d’Arte e Redattore di Periodico Italiano Magazine e Laici.it]

Con una performance davvero emotiva, la Carpino ha voluto palesare il messaggio della propria arte: è in posa come la donna che ha ritratto; nuda, con solo una giacca di pelle sul busto, un cappello in testa, e un sigaro in bocca. Incede lenta con un martello in mano verso il ritratto di se stessa. Sta per colpirlo. Improvvisamente si ferma, è incerta, torna indietro, fissa gli spettatori ad uno ad uno. Come uno zombie, si trascina nella sala. Negli occhi di chi la osserva sembra trovare il coraggio che le serve: finalmente decisa, prende un respiro, corre, e colpisce con determinazione la propria immagine, poi getta il martello. Si libera infine anche degli occhiali e del cappello, per poi riflettersi nelle lenti ormai rotte dello specchio. Si leva anche le scarpe e così, privata di ogni orpello, di ogni apparenza, vaga a piedi nudi fissando ancora una volta, con sguardo smarrito e commosso, gli spettatori, prima di lasciare la folla immersa nelle sue riflessioni. L’artista, con fatica, ha sollevato il velo delle sue falsità, ha rotto lo specchio delle sue brame, mostrandosi frangibile sotto i capelli rossi e le labbra di fuoco.

Violetta Carpino ha creato un’atmosfera molto particolare, c’era stupore, paura ed entusiasmo. Il pubblico era trasportato da una sensazione all’altra, l’artista lo stava sfidando: era contro di lei, poi con lei.
[Annacarla Merone, una delle organizzatrici della mostra]

L’artista definisce la performance un invito alla Verità e all’Umanità. Oggi l’Anima è mascherata e soffre, manifestando il proprio latente disagio con svariate nevrosi e depressioni. La maschera femminile grava maggiormente a causa dell’ostentazione di forza che le donne hanno dovuto attuare per far sentire il proprio grido di emancipazione. Ma tutti questi sforzi di rubare l’immagine all’uomo solo per ottenere la parità sono stati davvero faticosi, e forse attualmente possiamo tentare di ottenere ciò che ci spetta rispettando la nostra natura di donne, senza plasmare il nostro spirito per renderlo simile a quello maschile, che ha sempre avuto tutto senza dover chiedere niente. “Fa paura guardarsi a distanze tanto ravvicinate tra sconosciuti perché non siamo più abituati a conoscerci, toccarci, odorarci e ascoltarci senza udirci – afferma Violetta – i social network stanno distruggendo i rapporti umani, stanno creando potenti scudi e massacrando la possibilità che abbiamo di sentirci, sentire profondamente non solo gli altri, ma noi stessi. Dobbiamo amarci, accettarci, cullare la nostra identità frangibile se vogliamo sentirci liberi di riconoscere chi siamo. Togliere quelle lenti che ci rendono impenetrabili, mostrarci indifesi e vulnerabili può divenire la nostra unica salvezza.”
Alessia Pizzi
Collage fotografico realizzato con le foto di Matteo Nardone
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!

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